Violenza sulle donne, un prontuario per avvocati e dieci regole per i giovani dopo la legge sul consenso

Violenza sulle donne, un prontuario per avvocati e dieci regole per i giovani dopo la legge sul consenso


Per il difensore di un ragazzo accusato di stupro lo scenario non è la “guerra alle donne”, ma una responsabilità tecnica più alta: da un lato impedire che il nuovo testo si traduca in condanne simboliche fondate sul clima sociale; dall’altro evitare che la difesa diventi il luogo in cui si riciclano gli stereotipi di genere che la riforma prova a scardinare. Allo stesso tempo è essenziale lavorare sul cliente: molti giovani imputati arrivano in studio ripetendo “era consenziente” perché confondono il “non ha detto di no” con un sì; il penalista, prima ancora di pensare alla linea processuale, deve spiegare che nel nuovo quadro il consenso è una costruzione positiva, fatta di parole, gesti, partecipazione, e che frasi da spogliatoio (“ci stava”, “se l’è cercata”) in chat o sui social non solo sono moralmente miserabili, ma diventano materiale probatorio devastante. I messaggi contano più delle intenzioni dichiarate a posteriori; se il giorno dopo lei scrive che “ci è stata male”, che “non voleva davvero”, che “si è sentita costretta” o parla apertamente di violenza, il ragazzo non deve cancellare chat, minimizzare, rovesciare la colpa o, peggio, girare gli screenshot agli amici, perché così costruisce da solo il processo contro di sé; la risposta più corretta – umana e, paradossalmente, anche difensiva – è qualcosa come: “Non mi rendevo conto che ti fossi sentita così, mi dispiace sinceramente; se vuoi parlarne sono disponibile, se preferisci non sentirci più lo rispetto”, dopodiché si smette di insistere, non si cerca di convincerla che esagera, non la si minaccia se accenna alla denuncia e, se la situazione precipita, ci si rivolge a un avvocato senza aggiustamenti fai-da-te.

Author: Daniela Mainenti


Published at: 2025-11-25 05:15:47

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