Che la “fabbrica del mondo” sarebbe diventata una potenza industriale era già scritto tra le righe dei trattati di adesione all’Omc, dal momento che la Repubblica popolare cinese è membro “developing” e pertanto non deve ottemperare alle regole di non ingerenza dello Stato nell’economia e può aiutare le proprie imprese a operare a condizioni economiche estremamente favorevoli. Insieme a questo enorme spazio di policy, in politica e in economia, si è aggiunto l’imponente trasferimento tecnologico occidentale a favore della Cina attraverso la cooperazione allo sviluppo e le collaborazioni industriali, che ha contribuito in misura determinante alla crescita di Pechino come potenza economica, attraverso la trasformazione di quei pochi vantaggi comparati in una devastante competitività surrettizia di prezzo in un numero elevatissimo di settori. Per il momento, però, aumentano solo la conflittualità intrinseca tra sistemi agli antipodi, e sollecitano il ricorso a ritorsioni e minacce reciproche: i dazi e le restrizioni Usa all’export di tecnologie sensibili di produzione occidentale (in particolare nel settore dei semiconduttori, del 5G e dell’intelligenza artificiale, che la Cina utilizza poi a fini strategici e militari), a cui Pechino risponde con la minaccia di ridurre o interrompere le esportazioni delle indispensabili terre rare, di cui ha una grande dotazione naturale (il 59 per cento del totale mondiale).
Author: Stagista 2
Published at: 2025-11-18 08:32:00
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