“Dopo un anno e mezzo di discussioni e procedure complesse – perché serve il consenso di tutti i governi, di tutti gli imprenditori e ovviamente delle organizzazioni sindacali – il cda dell’Ilo nel marzo scorso ha approvato una bozza di risoluzione da discutere alla conferenza annuale che si è tenuta il 5 giugno a Ginevra e, dopo una discussione che ha visto l’opposizione di Cina, Russia, Laos e le critiche dell’associazione degli imprenditori, finalmente è stata approvata. Inoltre in 61 township e in tutte le zone industriali c’è la legge marziale, e questo dà la possibilità all’esercito di arrestare le lavoratrici e i lavoratori che secondo loro sono dei provocatori e di condannarli attraverso tribunali militari, dove non c’è possibilità di appello (se non nei casi in cui è comminata la pena di morte)”. In zone come Mae Sot o Chiang Mai, dove si concentrano i profughi birmani (sono ormai tre milioni), spiega Brighi che il sindacato offre formazione sulle norme tailandesi perché evitino il più possibile lo sfruttamento: “Questa fuga di massa crea in Birmania una crisi occupazionale nel settore dell’abbigliamento che ricade su chi è rimasto e deve fare gli straordinari per completare gli ordini: una catena che aumenta i livelli di sfruttamento mentre l’associazione degli imprenditori birmani del settore, che già esporta in Europa più di due miliardi e mezzo di euro all’anno, quest’anno ha deciso di raddoppiare, arrivando a cinque miliardi”.
Author: Internazionale
Published at: 2025-06-09 10:54:33
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