Si potrebbe dubitare che un film del genere, sulla ribellione al lavoro come forma moderna di schiavitù, preludio alla rivoluzione d’ottobre del 1917, potesse funzionare così bene sul grande schermo di piazza Maggiore e raggiungere la dimensione del sublime, così propria del cinema muto (per Godard il cinema di quel periodo lo era tutto). È stata una simbiosi totale con l’orchestra, un evento memorabile, ancora adesso un pensiero ricorrente nella mente, anche se sono state grandi le sensazioni provate in queste ultime edizioni con altre opere fondamentali del muto come Femmine folli di Erich von Stroheim, Il vento di Victor Sjöström, Il ventaglio di lady Windermere di Ernst Lubitsch, Dans la nuit di Charles Vanel, film molto originale e coraggioso che andrebbe riproposto ancora e vicino per tematica a Sciopero!, con al centro le disavventure di un minatore. Ma era tutt’altro che evidente raggiungere una forma di sublime non con il melodramma ma con un film che tratta di eventi del quotidiano, di vita prosaica – anche se storicamente molto drammatici – con tanta glaciale meccanica mista ad altrettanta meccanica violenza, quella dei capitalisti che vediamo tramare nei loro giganteschi salotti.
Author: Internazionale
Published at: 2025-07-01 14:23:07
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