A sostegno di questa tesi c’è il fatto che, almeno finora, nemmeno gli alleati più stretti di Trump sono riusciti a dare una spiegazione razionale dei suoi dazi e che molto spesso, quando pressati, hanno adottato un atteggiamento quasi messianico nei confronti del presidente: «Aspettiamo di vedere che succede», ha detto il segretario al Tesoro Scott Bessent; «Dobbiamo fidarci degli istinti del presidente», ha detto lo speaker Repubblicano della Camera Mike Johnson. La cosa più vicina a un piano sofisticato che giustifica l’imposizione dei dazi sono i cosiddetti “accordi di Mar-a-Lago”, una complicata teoria che circola da alcune settimane sui giornali, secondo cui Trump vorrebbe usare i dazi e altri strumenti economici e diplomatici per ricalibrare gli assetti dell’economia mondiale ancora di più a favore degli Stati Uniti. La teoria alla base degli “accordi di Mar-a-Lago” (il nome deriva dalla residenza di Trump in Florida) è stata esposta in un articolo scritto qualche mese fa da Stephen Miran, che adesso è a capo del Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca: prevede di svalutare il dollaro per rendere più competitive le esportazioni americane, senza però fargli perdere il suo ruolo di moneta più importante dell’economia mondiale.
Published at: 2025-04-08 08:09:51
Still want to read the full version? Full article