Caper movie lineare e quieto, annebbiato nelle tonalità vintage del direttore della fotografia Christopher Blauvelt e accompagnato da un tessuto jazzistico ironico e sincopato di Rob Mazurek, The Mastermind racconta la pianificazione sottile, la realizzazione semplice e soprattutto i fallimentari e disastrosi momenti che seguono il furto eclatante di quadri astratti in un museo di un quartiere residenziale del Massachusetts nel 1970. Nonostante all’epoca, in mancanza di videocamere e allarmi piazzati ovunque, la possibilità di rubare oggetti preziosi senza essere riconosciuti non fosse così remota come oggi, il cul de sac in cui si infila JB, tra poliziotti specializzati e criminali più cattivi e scafati di lui, è purissimo cinema di fuga con tanto di satira sociale riferita a quegli hippie sistemati che osservano JB e le sue gesta con ipocrita e schifata bonomia ideologica. Un po’ come gli eco terroristi di Night Moves – film che andrebbe assolutamente recuperato in tempi di climate change e relativi agitatori a fermare auto in mezzo alle strade – il JB di The Mastermind sembra sopraffatto dalle ombre gerarchicamente più in alto di lui che gli si stagliano attorno, nonché curiosamente e completamente avulso dal contesto generale, qui la guerra in Vietnam che scorre con le sue fumanti e omicide rovine sui televisori in interni.
Author: Davide Turrini
Published at: 2025-11-02 07:00:09
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