Se a Palazzo si balla la fine dell’impero

Se a Palazzo si balla la fine dell’impero


L'Austria degli Asburgo non era più invincibile, e brillava come una stella spenta di cui giungevano luci d'altri tempi: luce, sì: bagliori anche negli occhi delle donne, celati dalle velette dei cappelli di piume, avvoltolate nei manicotti di pelliccia, stordite da quella musica seducente; e bagliori anche negli occhi delle ultime suprematiste bianche americane (se non sono andate in procura a denunciare molestie) mentre il Presidente, Trump, ascolta le sue musiche preferite, che sono My Way di Sinatra, We Are the Champions dei Queen e Eye of the Tiger dei Survivor, quella di Rocky 3. Vienna, le anse del Danubio, le piane verdeggianti, il Prater, l'aroma del gulasch sparso per le vie, le cantine coi soffitti a botte in cui spillare la migliore delle birre, e il caffè con la panna a metà pomeriggio, le cene col tacchino e le aragoste e le oche e il Borgogna, le uniformi, i vetturini e le carrozze nella neve che silenziose conducevano gli amanti in segrete garçonnière, o finalmente al ballo, epidemia della sera, tutti impazziti al ritmo di ¾; Vienna troppo bella come la sua musica che già allora suonava come un inconsapevole commiato, come un preannuncio di imminente catastrofe. E poi, ora, Washington, stucchi dorati e capitelli in polistirolo, buffet a base di cheeseburger serviti su porcellane da Limoges, e questo progetto di prima e vera sala da ballo nella storia della Casa Bianca, collocata nell'ala est, a pochi passi dal Rose Garden già ristrutturato sotto la supervisione di Melania: una sorta di Mar-a-Lago portato nel cuore istituzionale della repubblica, con lampadari oversize, dettagli neobarocchi, spazi per 650 invitati seduti.

Author: redazione@ilgiornale-web.it (Filippo Facci)


Published at: 2025-08-05 05:40:42

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