Un lavoro certosino di ricostruzione che lascia poco spazio all'immaginazione (veniamo a sapere anche in quale edicola il Mapplethorpe tardoadolescente sbirciava i primi giornali porno-gay) e che non arretra nemmeno nella narrazione dei particolari più intimi degli ultimi mesi, quando il corpo del fotografo è ormai una mappa di sondini e cateteri, con le nausee che gli impediscono di mangiare ma non di scegliersi una giacca velvet per andare, in sedia a rotelle, accompagnato dall'infermiera, all'ultimo vernissage newyorchese. La casa gli sta stretta ma appena esce dal nido e approda nella New York alternativa sbraca: comincia presto con Lsd e sostanze varie ("che considera parte della sua ispirazione e che a suo giudizio favoriscono la creatività") e si ostina a fare l'artista, ovvero a dipingere e a creare collage, ché la fotografia per lui non è vera arte. "La fotografia è il modo perfetto per commentare la follia dei nostri tempi", dirà Mapplethorpe e muovendosi scaltramente sul mercato tra "scatti per tutti" e "scatti proibiti", tra ritratti, foto di fiori e fotografie erotiche per non dire pornografiche, sgomitando per conquistarsi gli amanti con i giusti contatti e un congruo portafoglio, Robert Mapplethorpe diventa finalmente Robert Mapplethorpe, la quintessenza della provocazione.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Francesca Amé)
Published at: 2025-07-27 03:00:03
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