La segretaria lo ascolta, magari annuisce, ma poi puntualmente fa di testa sua e asseconda la scuola "identitaria" che gli è cresciuta attorno, di chi è convinto che più che allargare il suo spettro di rappresentanza il Pd debba preservare la sua essenza di sinistra. I suoi snocciolano i segnali a loro parere positivi che dimostrano la bontà della linea: dai 2 per mille emerge che i sottoscrittori del Pd (638mila) sono più di quelli di Fdl; in tre anni le finanze del partito sono passate da 5 milioni di euro a 10 milioni; e a chi gli rinfaccia di aver perso in coppia con Landini il referendum anti-Jobs act, fanno presente convinti che il quorum non fu centrato ma i 13 milioni di Sì che hanno risposto all'appello sono più dei 12 milioni che hanno portato la Meloni a Palazzo Chigi. Questi ragionamenti danno l'idea che la Schlein non creda più all'idea di un Pd dalla rappresentanza plurale com'era nella mente del suo fondatore Veltroni, ma lo consideri un soggetto spostato a sinistra che lascia la rappresentanza delle istanze più moderate alle altre anime del campo largo, a Matteo Renzi, al trasformismo di Giuseppe Conte o a ciò che può nascere su quel versante.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Augusto Minzolini)
Published at: 2025-11-15 09:00:03
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