È qualcosa che fanno il cane con l’osso, il castoro e il tarlo con il legno, i topi con le croste di formaggio ed è un’espressione cara a Matteo Renzi per quanto impronunciabile: anche perché è difficile scrivere di «reazioni » delle opposizioni alle parole di Giorgia Meloni sull’Ucraina e sull’invasore Putin, rivolte a Trump, quando di reazioni semplicemente non ce ne sono state. Forse è proprio questo a far supporre che le opposizioni e i loro scriba siano rimasti quantomeno inceppati: a fronte di questo e, nondimeno, di uno status europeo della premier che ne è uscito sicuramente rafforzato, a dispetto delle gufate (Renzi docet, ancora) con cui nei mesi scorsi hanno cercato di macchiettizzarla: perché la Meloni è di destra, perché è «amica di Orban» e altri presunti handicap che avrebbero dovuto farla inciampare in questa trasferta. Difficile negare che la presidente del Consiglio abbia contribuito a riannodare un dialogo con la Commissione europea, che in tema di commercio internazionale, ricordiamo, ha una competenza esclusiva che non può in essere delegata ai singoli Stati membri: in tal senso Giorgia Meloni ha ottenuto il massimo di quanto le era possibile, e il fatto che Trump abbia accettato un invito per una visita ufficiale non solo a Roma («in the near future») ma anche «con l’Europa» mette insomma il cappello a una trasferta che forse meglio non poteva andare.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Filippo Facci)
Published at: 2025-04-19 08:00:31
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