La situazione descritta dal procuratore è quella di un’isola di illegalità dove sotto il cartello dello Stato dominano di fatto i detenuti più pericolosi e violenti: consegne di droga con i droni che entrano nella Dogaia tranquillamente, minacce ai detenuti con permesso di uscita per costringerli a fare da corrieri, talvolta ingerendo ovuli pieni di droga, pressioni per sfruttare ogni contatto con l’esterno, compresi i colloqui con i familiari, e poi telefonini e internet a go go per coordinare con la tecnologia le attività illegali dalla cella. Per il procuratore in questo buco nero “l’uso della violenza e della minaccia da parte di detenuti nei confronti di altri” punta “all’approvvigionamento di sostanza stupefacente del tipo cocaina, hashish, eroina e anfetamine/metanfetamine all’esterno del carcere, per il tramite di detenuti permessanti o semiliberi, destinatari anche di intimidazione e violenza, ovvero mediante consegna durante i colloqui di quanto occultato nelle parti intime dei familiari che si sono recati a colloquio, o invio di plichi destinati ai detenuti, celati all’interno di indumenti o cibi, o lanci di involucri, ovvero l’impiego di droni che trasportano plichi contenenti stupefacenti, nonché alla vendita e distribuzione dello stesso e nell’introduzione e impiego di telefoni cellulari e di social network, come i profili Tik Tok, che più detenuti continuano a gestire”. Scrive Tescaroli: “Le investigazioni espletate rivelano la necessità di munire la struttura carceraria pratese di telecamere e di reti anti lancio per tutte le finestre delle camere di detenzione occupate dai detenuti per neutralizzare l’impiego di droni con riprese continuative e ostacolare l’apprensione di plichi portati dai droni dalle celle, nonché di munire l’istituto di sistemi antidrone e di personale adeguato a garantire un compiuto servizio di vigilanza armata per prevenire il sorvolo degli stessi.
Author: Marco Lillo
Published at: 2025-11-22 10:46:52
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