Da quando è tornato alla Casa Bianca, a gennaio, Trump ha inflitto all’Unione europea dazi pesanti, che usa per ricattare Bruxelles e i singoli paesi, chiedendo sia investimenti negli Stati Uniti (come ha già fatto con il Giappone, la Corea del Sud e la Svizzera, nei casi più clamorosi) sia generosi acquisti di titoli di stato statunitensi e agevolazioni per le aziende americane. In occasione di un incontro con la Commissione europea e i rappresentanti dei paesi dell’Unione, si è parlato di una possibile riduzione dei dazi del 50 per cento imposti da Washington all’acciaio, all’alluminio e ai loro derivati, due tariffe che colpiscono al cuore la produzione manifatturiera europea visto che praticamente in ogni macchinario, veicolo o elettrodomestico sono presenti i due metalli (sono in gioco più di quattrocento tipologie di merci). Nonostante qualche accenno di ripresa in questo autunno, i numeri sono impietosi: nei primi nove mesi del 2025 le esportazioni tedesche negli Stati Uniti sono diminuite del 7,4 per cento; quest’anno la Germania è in deficit con la Cina per quanto riguarda i beni d’investimento; le esportazioni in Europa di macchinari fabbricati nel paese asiatico sono raddoppiate negli ultimi sei anni; dal febbraio del 2022 il numero di disoccupati in Germania ha superato quota tre milioni (il livello più alto dal 2014) in 37 mesi su 44, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 6,3 per cento.
Author: Internazionale
Published at: 2025-11-30 06:30:01
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