Qualcuno dice che è il primo lutto collettivo dell’Italia moderna, l’anno zero del calcio italiano, la pietra d’inciampo della memoria condivisa del Paese, che si fermò per onorare quei morti - con un funerale al quale parteciparono almeno due milioni di persone - e una tragedia che poteva anche uccidere la speranza di un Italietta, uscita malconcia e ferita dall’incubo del fascismo e dell’occupazione nazista e che vedeva nel calcio un timido tentativo di riscatto. «Ancora adesso, se debbo pensare al calciatore più utile ad una squadra, a quello da ingaggiare assolutamente, non penso a Pelè, a Di Stefano, a Cruyff, a Platini, a Maradona: o meglio, penso anche a loro, ma dopo avere pensato a Mazzola», disse una volta il suo «nemico» Giampiero Boniperti, che si vide cancellare sulla linea di porta da capitan Valentino un gol che sembrava già fatto. E sì che il Torino di morti tragiche ne ha così tante - da Gigi Meroni a Giorgio Ferrini - da riempirci un album, tanto che qualche anno fa frammenti del legno delle panche del Filadelfia, brandelli di palloni e della carlinga dell’aereo schiantatosi sono diventate 16 relic card, altro primato del Toro, prima società calcistica italiana con 3mila memorabilia dedicate, autenticate dal Museo del Grande Torino.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Felice Manti)
Published at: 2025-05-04 15:27:03
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