La rinuncia alla lotta armata di Ocalan non significa certo la resa curda

La rinuncia alla lotta armata di Ocalan non significa certo la resa curda


Dopo quasi quarant’anni di scontri sanguinosi, il leader del PKK e del popolo kurdo, Abdullah Ocalan, il quale, nonostante sia relegato da oltre venticinque anni nell’isolotto di Imrali ha dato vita a una copiosa produzione intellettuale che gli è valsa il meritato appellativo di “Gramsci kurdo”, ha proposto la fine della guerra, accompagnata dallo scioglimento della sua organizzazione forte di migliaia di militanti ben armati e dalla riconsegna delle armi, scelte non facili e fortemente impegnative che sono state ratificate dal Congresso del Partito. La rinuncia alla lotta armata di Abdullah Ocalan e del PKK non significa certo la resa, ma al contrario lo spostamento della lotta su di un terreno pacifico e democratico, analogamente con quanto avvenuto di recente sotto altri cieli, ad esempio in Colombia, dove il negoziato di pace tra governo e FARC ha determinato una situazione nuova e certamente più democratica della precedente. Il presidente Erdogan, con la sua politica estera abile, ha certamente incrementato il prestigio e peso politico della Turchia nel mondo, ma deve affrontare una situazione economica di crescente difficoltà e non può certo illudersi di potersi sbarazzare dell’opposizione cogli arresti e la repressione, che hanno colpito, come da anni ho avuto l’occasione di testimoniare su questo blog, migliaia di cittadini appartenenti ai settori più disparati (avvocati come i miei amici dirigenti della CHD Selcuk Kozagacli e Aytac Unsal, intellettuali, giornalisti, sindacalisti, esponenti dell’opposizione) e da ultimo molti quadri dirigenti del principale partito di opposizione, il kemalista CHP a cominciare dallo stesso Imamoglu.

Author: Fabio Marcelli


Published at: 2025-07-12 06:03:53

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