Accanto al vialone d’ingresso di Deir Ezzor c’è uno stadio in rovina che un tempo poteva ospitare decine di migliaia di persone e dall’altro lato c’è un cimitero di mezzi militari, camion e blindati con i cingoli accatastati in disordine e lasciati al sole. Uno dei posti migliori della città per prendere un caffè o un frullato di frutta ha un dehors, siepi finte e un sistema di nebulizzazione dell’acqua contro la calura ed è all’imbocco della discesa che porta al quartiere al Rashidiya, uno dei più colpiti dalle bombe. Sarebbe un disastro, invece, se nel caos di una guerra locale i miliziani curdi non potessero più sorvegliare le prigioni e i campi di detenzione dove sono rinchiuse decine di migliaia di ex combattenti dello Stato islamico e le loro famiglie, ancora convinti di dover creare un califfato globale a costo della vita.
Published at: 2025-08-05 14:12:37
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