Io a Isfahan arrivai un pomeriggio dopo 200 km di deserto di pietre e vento, trovai un posto dove dormire vicino a quella che pensai fosse la piazza più bella che avessi mai visto, faceva a gara con Piazza del Campo a Siena, Piazza San Marco a Venezia, Piazza Navona a Roma, ma il fatto che fossi l’unico forestiero in quel momento mi convinse che era tutto speciale”. E ancora: “In quella piazza passai ore bellissime, dell’Iran continuava a colpirmi la gentilezza della gente, l’ospitalità come valore sacro che verificavo di persona, l’età media molto giovane delle gente che vedevo in giro, la disponibilità a fare due chiacchiere davanti a un tè zuccheratissimo in un inglese stentato ma pieno di voglia di capirsi. Notavo che ogni volta che la mia curiosità e le mie domande toccavano la politica del loro paese calava un silenzio imbarazzato, giri di parole, come quando si parla di una malattia pericolosa di cui non è chiara la cura, in bilico tra speranza e rassegnazione”.
Author: F. Q.
Published at: 2025-06-24 14:15:22
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