Ho conosciuto pochissimi autori innamorati della lingua italiana come Tomaso: era capace di recitarti a memoria un madrigale del Tasso, di fartene sentire tutte le sfumature liriche e sensuali, e al di là di ogni pregiudizio non nascondeva mai la sua ammirazione per il D'Annunzio signore della parola. La sua opera muove da un libro avanguardistico pubblicato bilingue, in inglese e in italiano a New York, Il guanto del sicario, del 1976, e arriva al lirismo verticale e visionario del Libro dell'Angelo, che è uscito da Guanda nel 1991, nella collana allora da me diretta, al poema epico e onirico della Transilvania Liberata, del 2005, poi tradotto in ungherese e in tedesco, dove hanno parte figure simboliche, mitiche e archetipiche tra cui è dominante quella della Madre: vertice forse delle sue energie creatrici e mitopoietiche. Lì si manifestava in pieno la vocazione di Tomaso, che era quella di portare la parola a diventare azione, e l'azione a diventare battaglia in nome di un ideale umano, incoercibile di Bellezza.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Giuseppe Conte)
Published at: 2025-11-06 04:00:03
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