Le novità sul piano normativo sono legate alla riforma del Patto di stabilità e crescita, introdotta nell’aprile del 2024: dopo un primo anno di transizione, nel 2025 i paesi membri dovrebbero adeguarsi pienamente ai nuovi indirizzi, che prevedono un ciclo di programmazione più lungo (per l’Italia di 7 anni) nel quale i governi devono progressivamente correggere le storture dei propri bilanci e seguire una certa traiettoria di spesa pubblica. Tuttavia l’orientamento del governo, che è stato certificato il 2 aprile scorso da una risoluzione della commissione Bilancio della Camera votata solo dalla maggioranza e contestata con durezza dalle opposizioni, è particolarmente restrittivo, perché si è deciso di inserire nel DEF le previsioni per i soli prossimi due anni, escludendo dunque il 2028: e questo contraddice la prassi, che prevedeva un ciclo di programmazione triennale, ma stride anche col nuovo corso europeo, che appunto estende a 7 anni gli impegni del governo su spesa pubblica e riduzione del debito. Fonti di governo spiegano però che le osservazioni dell’UPB suggerirebbero maggiore cautela sulle previsioni di crescita, che nel Piano strutturale di bilancio del settembre scorso il governo aveva stimato in un 1,2 per cento del PIL, ma che l’UPB e l’Istat già nei mesi scorsi avevano ridimensionato (+0,8 per cento).
Published at: 2025-04-05 09:51:04
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