Francesco Ruffini questo professore di diritto ecclesiastico, d'aspetto aristocratico, severo e distinto, con una lunga e fluente barba bianca che richiamava alla mente certi personaggi iconici dell'età risorgimentale aveva nel conte Camillo Benso di Cavour lo ricorda Bruno Quaranta in una bella prefazione al saggio di Gioele Solari La vita e l'opera scientifica di Francesco Ruffini, un testo uscito nel 1934 sulla Rivista internazionale del diritto e ora per la prima volta in volume (Aragno, euro 13) «il faro della sua visione liberale». Egli, per molti aspetti simile a Luigi Albertini, era come osservò il più celebre dei suoi allievi, Arturo Carlo Jemolo quella di «un conservatore laico» che nutriva molte riserve nei confronti di Giovanni Giolitti, sia per motivi di ordine politico sia per ragioni di tipo etico perché lo statista di Dronero gli appariva troppo uomo del compromesso: e, in questo, il suo giudizio severo su Giolitti aveva qualcosa di quell'intransigentismo moralistico che avrebbe caratterizzato il suo allievo Piero Gobetti. L'antifascismo di Ruffini fu strettamente collegato alla sua concezione di un liberalismo che, al di là del tradizionale giurisdizionalismo liberale, che trovava nella libertà religiosa il nucleo originale di tutti i «diritti di libertà» perché «quello della inviolabilità della propria coscienza fu il primo e per un pezzo il solo diritto che l'individuo abbia accampato di fronte allo Stato».
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Francesco Perfetti)
Published at: 2025-07-22 06:07:02
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