Non vide, e con essa il solito stuolo di presuntuose anime belle «de sinistra», l'evidente germe di una dittatura fondata su un retrogrado fanatismo religioso, ma volle credere che la svolta in Iran fosse «una travolgente vittoria popolare» che apriva la strada come da titolo di un editoriale che oggi fa cadere le braccia a «una via inesplorata delle rivoluzioni» nel resto del mondo. Abbiamo assistito per decenni all'uso di una brutalità spaventosa, dall'invio di stuoli di ragazzini con al collo le «chiavi del Paradiso» sui campi minati del nemico iracheno per aprire la strada alla fanteria, ai pestaggi in strada e agli spari dei cecchini che miravano agli occhi delle donne che rifiutavano il velo islamico; alle stragi di giovani manifestanti che chiedevano l'uscita dal medioevo; all'impiccagione pubblica a gru altissime, per meglio impressionare e terrorizzare, di oppositori politici e criminali veri o presunti; abbiamo saputo dell'uso sistematico di stupri e torture infami nel terribile carcere di Evin a Teheran. Sul piano politico è stato instaurato a Teheran una sorta di papato della branca più fanatica dell'islam, cui veniva e viene attribuito il vero potere in pace e in guerra quest'ultima vissuta come uno stato perenne nei confronti di quel mondo infedele, ebraico o cristiano che sia, il cui destino dev'essere la sottomissione alla legge islamica.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Roberto Fabbri)
Published at: 2025-06-15 03:00:02
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