Curzio Malaparte e l’arte di inventarsi una vita dove il banale è geniale

Curzio Malaparte e l’arte di inventarsi una vita dove il banale è geniale


Quando anche lui fu ben pagato come giornalista (Mussolini, giornalista egli stesso prima di entrare in politica, rese la professione ufficiale e ben remunerata, con stipendi eccezionalmente alti), visse da mondano nei circoli più snob della società italiana tra le due guerre, dove nuovi ricchi industriali come Agnelli della Fiat e Vittorio Cini (la cui isola privata, infarcita d'arte, si affaccia su San Marco a Venezia) si mescolavano con l'aristocrazia più antica, o almeno con quei principi, baroni e marchesi ancora solvibili... A Roma, gli aristocratici italiani si riunivano ancora al club della Caccia, che non ammetteva comuni mortali senza titolo, per quanto ricchi o famosi. Pur vantandosi volentieri di molte altre cose, comprese le sue numerose relazioni, Malaparte era reticente riguardo al suo precoce e autentico eroismo militare, perché nell'Italia del dopoguerra tutti si proclamavano grandi eroi, e i generali che pretendevano cucina raffinata ogni giorno e restavano lontani dal fronte per godersela, sfilavano per Roma come piccoli Cesari, attribuendosi il merito della vittoria finale che non avevano conquistato, e incolpando la codardia dei soldati per il disastro di Caporetto. La prima sbavatura politica di Malaparte fu la pubblicazione a Parigi, nel 1931, del libro Technique du coup d'état, in cui descriveva il fallito putsch di Monaco del 1923 di Hitler, non senza notare il suo carattere effeminato mentre sfilava in uniforme, e descriveva Mussolini come un opportunista nella sua riuscita marcia su Roma del 1922, a cui Malaparte aveva partecipato.

Author: redazione@ilgiornale-web.it (Edward Luttwak)


Published at: 2025-08-06 05:15:24

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