La storia del Grande Cedro di San Leopoldo, un simbolo di Padova con più di 170 anni di storia, alto 20 m con circonferenza di 430 cm posizionato davanti al Santuario di San Leopoldo Mandic assieme ad altri tre esemplari coevi, parte quando casualmente mi sono imbattuto 4 settimane fa in un cartello di abbattimento affisso sul fusto, che ne decretava l’abbattimento per il lunedì successivo. Si è svolta quindi la controperizia con l’utilizzo delle classiche tomografie e delle prove di trazione, massima prova scientifica oggettiva esistente, che ha stabilito che non è cavo (t/r=1), non presenta funghi, né parti marcescenti, il legno non risulta degradato, ma anzi attorno al fusto si nota la produzione di nuova corteccia e sottolinea che la pianta è stabile, avendola sottoposta a sforzi di venti pari a 120 km/h. La spiegazione sulla divergenza delle due perizie è semplice come affermano eminenti agronomi come Daniele Zanzi e diversi manuali di arboricoltura: “È fortemente sconsigliato posizionare i sensori sulla parte marcescente in quanto questo andrebbe ad alterare la trasmissione del suono e il sensore sarebbe di disturbo e rischierebbe di alterare l’intera tomografia.” La cosa che mi ha lasciato perplesso malgrado glielo abbia fatto notare è che Giovanni Morelli, il terzo perito scelto, ha posizionato i sensori nello stesso punto della prima perizia.
Author: F. Q.
Published at: 2025-07-15 10:28:20
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