Spunta un superteste militare e un macabro tariffario dietro i cecchini italiani - almeno 200 - che dal 1992 al 1996 avrebbero sparato sui civili inermi durante l’assedio di Sarajevo dopo essere arrivati in tuta mimetica da Triveneto, Piemonte o Lombardia, su pulmini partiti e tornati in 72 ore che attraversavano i check point sia in Croazia sia in Bosnia, quasi indisturbati, con la scusa della «missione umanitaria» e qualche generosa mazzetta per i loro Safari a Sarajevo. Come aveva anticipato il Giornale lo scorso 18 luglio c’è un'inchiesta aperta dalla Procura di Milano sui «cecchini del weekend» che da mezza Europa, Italia compresa, si facevano portare sulle colline intorno alla capitale bosniaca da una sorta di agenzia di viaggi che organizzava il trasferimento e che avrebbe fissato una tariffa per queste uccisioni: i bambini costavano di più, fino a 100 milioni delle vecchie lire, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis. I viaggi sarebbero stati effettuati «tramite un aereo da Trieste, poi attraverso elicotteri e veicoli dalla Serbia attraverso la zona di guerra fino a Sarajevo» attraverso «le infrastrutture dell’ex compagnia aerea serba di charter e turismo Aviogenex, che aveva una filiale a Trieste.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Felice Manti)
Published at: 2025-11-10 08:01:18
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