D'altro canto, anche in sede Nato è stato raggiunto un accordo per realizzare una spesa per la difesa del 5% del Pil (il 3,5% per gli investimenti militari tradizionali e l'1,5% per le spese legate a infrastruttre critiche, cybersicurezza, logistica e innovazione) entro il 2035. «Dire cosa faranno nel breve i titoli di questo comparto è difficile, sarebbe comunque cosa saggia far sbollire temporaneamente il mercato», prosegue Tognoli, «però in un ottica di medio-lungo termine è innegabile che la difesa resta un settore nel quale gli investimenti sono certi, quindi queste aziende faranno utili di conseguenza e di pari passo ne beneficerà anche il loro titolo». A beneficiare dei maxi investimenti dei Paesi europei nella difesa non saranno solo i titoli impegnati nella produzione di armamenti militari tradizionali, ma anche tutta una serie di settori toccati dalla produzione di armi (si pensi al rame e alla polvere di rame utilizzati per fabbricare missili e altri armamenti), ma anche la cybersicurezza diventata sempre più necessaria ad aziende e pubbliche amministrazioni per resistere ad attacchi hacker e a possibili scenari di cosiddetta guerra ibrida.
Author: redazione@ilgiornale-web.it (Marcello Astorri)
Published at: 2025-08-25 06:10:31
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